Il risarcimento del danno per imperizia medica: significato e ipotesi di imperizia, conseguenze dell’imperizia e diritti del danneggiato.

Tutto può formare aspetti di contenzioso oggigiorno, accade purtroppo che se il paziente guarisce è destino e se non guarisce è colpa del medico.

Tuttavia, al di là degli evidenti casi di “malasanità” che balzano anche agli onori della cronaca, va precisato che la semplice mancata guarigione, spesso lamentata dai pazienti che si rivolgono al mio studio, oppure il solo peggioramento delle proprie condizioni di salute, a seguito di un intervento chirurgico, non sono sempre tali da considerarsi ipotesi un risarcimento del danno per imperizia medica in favore della vittima-danneggiata.

Del resto,  oltre alle disfunzioni organizzative del sistema sanitario ai diversi fattori personali e soggettivi che possono incidere sul processo di guarigione di ciascun individuo, interventi, diagnosi e procedure asseritamente errate possono comportare l’obbligo in capo al medico di risarcire i pazienti, quando sono denotati da colpa e causano un danno più o meno serio alla salute del paziente medesimo.

In questo breve contributo, ci concentreremo in modo particolare sull’aspetto dell’imperizia medica che riguarda in modo specifico l’attività medica e denota il grado principale della colpa e della condotta del sanitario.

Ci soffermeremo, inoltre, sui concetti di negligenza, imprudenza e imperizia, posto che, un comportamento è colposo quando è posto in essere in violazione ad una di queste regole di condotta.

Al termine avrai compreso l’importanza del significato di imperizia ai fini del risarcimento dei danni e della responsabilità professionale medica e sarai in grado di sapere cosa fare e come muoverti in ipotesi di imperizia, per difendere i tuoi diritti dalle conseguenze dannose di una pratica medica imperita.

Se siamo pronti, iniziamo subito a porci la domanda principale: cosa si intende per imperizia?

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Cosa si intende per imperizia medica?

Prima di rispondere e proseguire con la trattazione dell’argomento ci tengo a fare una breve, importante premessa.

L’inadempimento del professionista non può essere desunto semplicemente dal mancato raggiungimento del risultato avuto di mira dal paziente, ma va valutato alla stregua dei doveri riguardanti lo svolgimento dell’attività professionale esercitata e, in particolare, del dovere di diligenza.

Nell’esecuzione della propria prestazione, infatti, il medico deve comportarsi secondo le regole di comune diligenza e correttezza da valutarsi con riguardo alla natura dell’attività professionale svolta.

È a questa che dobbiamo quindi fare riferimento quanto vogliamo denunciare una determinata condotta medica o vogliamo richiedere un risarcimento per i danni causati da errore medico o malasanità.

Invece, molto spesso mi capita di vedere che questo aspetto viene sottovalutato dai più perché ci si sofferma solo sul mancato raggiungimento del risultato e sulla guarigione “che non arriva”.

Primo, importante, aspetto, quindi, per chi pensa di essere vittima di un caso di errore medico è quello di stabilire i contorni della responsabilità del professionista che ha eseguito il trattamento sanitario.

Pertanto, non potendo il professionista garantire l’esito favorevole auspicato dal cliente-paziente, il danno derivante da eventuali omissioni è ravvisabile, sulla base di criteri probabilistici, laddove si accerti che, senza quell’omissione, vale a dire tenendo la condotta diligente, il risultato sarebbe stato conseguito.

Fondamentale, a questo scopo, quindi, è il concetto di “diligenza professionale” nel rapporto medico-paziente.

La diligenza professionale nel rapporto medico-paziente

Con riferimento allo specifico esercizio dell’attività medica, si parla di diligenza “qualificata”.

Il medico cioè si obbliga a svolgere l’attività dovuta in base alle regole della diligenza propria al tipo di attività professionale esercitata.

Nel campo medico e sanitario, infatti, in luogo del tradizionale criterio della “diligenza del buon padre di famiglia”, trova applicazione il parametro della “diligenza professionale” fissato dall’art. 1176 co. 2 c.c, da commisurarsi alla natura dell’attività esercitata.

La diligenza qualifica del medico e il ruolo delle linee guida

La diligenza con cui il medico presta le cure al paziente va valutata secondo le regole stabilite nel co. 2 dell’art. 1176 c.c. e dell’art. 2236 c.c. che si riferisce alla responsabilità del prestatore d’opera.

Alla luce di queste disposizioni si può affermare che il medico si obbliga a svolgere l’attività dovuta in base alle regole della diligenza proprie della sua attività professionale.

Ciò è l’unico parametro alla stregua del quale è valutabile il comportamento del sanitario.

Si parla come si è detto a questo proposito, di diligenza qualificata perché non si tratta della diligenza ordinaria, ma di qualcosa in più, che tiene conto della natura dell’attività esercitata.

Il ruolo integrativo delle linee guida

In ambito sanitario, con l’introduzione della Legge Gelli Bianco (L. n. 24/2017), la condotta del sanitario può essere individuata in maniera più specifica e dettagliata.

L’art. 5 della citata legge, infatti, identifica la condotta esigibile dal sanitario, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con quella conforme alle raccomandazioni delle linee guida ufficiali e, in loro mancanza, alle buone pratiche cliniche, salve le specificità del caso concreto.

La puntuazione “salvo le specificità del caso concreto” mira a non snaturare il tratto caratteristico delle linee guida che restano indicazioni orientative di comportamento, astrattamente concepite  sulla base dei dati dell’esperienza e della migliore scienza, alle quali il sanitario non deve aderire passivamente.

La norma disciplina poi il procedimento di formazione delle linee guida e le forme di pubblicità. L’elaborazione viene affidata a Enti di varia tipologia, accreditati sul piano scientifico e iscritti in un apposito elenco del Ministero della Salute.

Linee guida e buone pratiche: le leges artis

Sul piano definitorio, le linee guida e le buone pratiche, sono le regole dell’arte medica, c.d. Leges artis, costituiscono cioè una codificazione del sapere scientifico.

In particolare: le linee guida sono raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche.

Le raccomandazioni contenute nelle linee guida assolvono una funzione integrativa del dovere di diligenza qualificata in capo medico. Il professionista sanitario, infatti, deve essere a conoscenza delle regole tecniche proprie della professione e dare loro una corretta attuazione.

Le buone pratiche clinico-assistenziali, sono le regole del buon senso clinico derivanti dall’esperienza e dallo studio, tese a orientare l’operato dei sanitari; si tratta in sostanza di modelli di comportamento condivisi, che coincidono con gli usi cautelari diffusi in un certo contesto, protocolli e schemi da seguire.

imperizia medica

Cosa si intende quindi per imperizia medica?

Orbene, con riferimento all’ambito medico, le linee guida in materia sanitaria contengono esclusivamente regole di perizia.

Si definisce, infatti, imperizia, l’incapacità tecnica ad esercitare una determinata attività, per scarsa pratica professionale, formazione, abilità o esperienza.

Si caratterizza per l’inosservanza delle “leges artis”, ossia per aver il sanitario violato una regola specialistica e/o tecnica, vuoi per sua ignoranza, inabilità o inettitudine ad applicarla oppure per la sua concreta non applicazione nonostante avesse dovuto farlo.

Si riferisce, in buona sostanza, alla mancanza di cognizioni tecnico-scientifiche adeguate alla professione svolta o all’incarico ricoperto

Esempio di imperizia in sanità

Agisce con imperizia, ad esempio, il medico che non possiede le abilità che i colleghi con esperienza simile alla sua o con pari specializzazione possiedono.

È imperito il medico che cagiona la morte di una paziente presentatasi all’ospedale, sottoponendola a TAC cerebrale senza contrasto e omettendo di diagnosticare una già presente emorragia subaracnoidea (ESA).

Giuridicamente, non possiamo escludere che le linee guida pongano sempre regole rispetto alle quali il parametro valutativo della condotta  sia sempre e solo quello tecnico; pensiamo ai casi in cui sono richieste al medico prestazioni che riguardano ad esempio la sfera dell’accuratezza nello svolgere un determinato compito, non prettamente medico.

Anche, nella stessa realtà, ci sono casi complessi in cui il confine tra conoscenza, uso appropriato della cautela, avventatezza o trascuratezza nella scelta di quella condotta è sempre più sottile e poco attinente al solo profilo tecnico relativo alla professione medica.

In questi casi, il confine dell’imperizia con la negligenza e l’imprudenza tende a sfumare.

Ma cosa si intende con questi termini, e come mai è importante fare questa distinzione?

Cosa significa imprudenza imperizia e negligenza

Le linee guida, è vero che mirano ad assicurare la perizia, ma anche vero che contengono regole di altro tenore, definendo pur sempre la  diligenza del medico e la tempestività del suo intervento.

Nondimeno, l’analisi casistica mette in luce la molteplicità di situazioni non sempre classificabili come imperizia, che celano un contenuto anche di negligenza o imprudenza.

Per la manualistica tradizionale, la negligenza sussiste nei casi di noncuranza, di difetto di attenzione, mentre l’imprudenza si realizza nei casi di precipitazione, di avventatezza, di insufficiente ponderazione.

In generale, può dirsi negligente il medico che non agisce con tutte le accortezze e cautele richieste dal compimento dell’incarico

Sarà invece imprudente nel momento in cui viola una regola cautelare che impone di non tenere una determinata condotta, o di tenerla comunque con modalità differenti.

L’imperizia, invece, si caratterizza per l’inosservanza della “leges artis“, ossia per aver il sanitario violato una regola specialistica e/o tecnica, vuoi per sua ignoranza, inabilità o inettitudine ad applicarla oppure per la sua concreta non applicazione nonostante avesse dovuto farlo.

Perché è importante la distinzione? Quando risponde penalmente il sanitario?

Come abbiamo visto, dopo la Legge Gelli Bianco (L. 24/2017), la condotta diligente del sanitario può essere individuata in maniera più specifica e dettagliata, poiché l’art. 5 identifica  la condotta esigibile dal sanitario con quella conforme alle raccomandazioni delle Linee Guida ufficiali e in loro mancanza alle buone pratiche cliniche, salve le specificità del caso concreto.

L’art. 6 della surrichiamata Legge ha poi riscritto la responsabilità penale del medico , introducendo nel codice penale l’art. 590 sexies c.p., che assegna alle linee guida definite e pubblicate ai sensi di legge, o in mancanza, alle buone pratiche clinico-assistenziali , il compito di escludere la punibilità per le condotte imperite del medico, sempre che tali regole risultino “adeguate alle specificità del caso concreto”.

imperizia imprudenza negligenza

Pertanto, qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto

A norma del predetto articolo, dunque, non è sufficiente ad escludere la colpa del sanitario che egli si sia attenuto alle linee guida e/o alle buone pratiche clinico assistenziali, dovendo il medico valutare se effettivamente quelle linee guida siano adeguate al caso concretamente sottoposto alla sua attenzione.

La responsabilità penale del medico non sarà invece esclusa nel caso in cui l’evento si sia verificato a causa di negligenza imprudenza, che costituiscono gli altri due tradizionali aspetti della colpa penalmente rilevante.

Risarcimento danni per imperizia medica: cosa fare.

Delineati quindi, i confini della colpa medica e più in particolare dell’imperizia medica, passiamo dunque a svolgere alcune considerazioni conclusive.

Avrai di certo compreso che l’esatta definizione della colpa del sanitario assume, quindi, un’importanza fondamentale al fine di stabilire i contorni della responsabilità del medesimo ed ottenere il giusto risarcimento per i danni subiti.

Abbiamo visto, infatti, che, attribuire la responsabilità di una certa conseguenza, di qualsiasi natura, morale, fisica o patrimoniale, a una determinata condotta medica, per esserne ripagati a titolo di risarcimento, comporta necessariamente soffermarsi sul concetto di colpa e, in particolare, su quell’insieme di regole di condotta, molte delle quali tecniche, cui è tenuto il sanitario.

Sicuramente se le nostre lesioni e i danni che lamentiamo, sono stati causati dalla condotta imperita del medico, abbiamo titolo per agire legalmente.

Tuttavia, per agire legalmente nei confronti del medico, il paziente ha l’onere gravoso di dimostrare, oltre al danno subito, il nesso causale tra la condotta e il danno, ma soprattutto la colpa del sanitario.

Il sanitario, pertanto, sopporta un rischio di subire azioni risarcitorie confinate ai soli casi in cui il danneggiato assolva l’onere di provare compiutamente gli elementi costitutivi della pretesa, tra cui appunto la colpa medica.

Ciò, comunque non vuole scoraggiare la difesa dei propri diritti in caso di peggioramento e aggravamento delle proprie condizioni di salute conseguenti ad una determinata pratica sanitaria.

Si rivela, quindi, essenziale, se si vuole ottenere un risarcimento danni per imperizia medica definire i contorni della vicenda affidando il caso ad un’attenta valutazione medico-legale, il cui obiettivo è quello di individuare i profili di imperizia, imprudenza e negligenza del medico nel caso specifico.

In questo modo, attraverso uno studio del caso ed un approfondimento esame delle linee guida e delle buone pratiche clinico assistenziali applicabili alla fattispecie, avvalendosi anche del supporto di specialisti, è possibile stabile con certezza i profili di colpa da contestare al medico.

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Se stai cercando risolvere definitivamente i tuoi problemi è bene diffidare da chi offre consulti veloci non approfonditi, e non molto interessati, con tempi addirittura incerti.

Vista la complessità della scienza medica, non è un supporto un supporto di questo tipo che potrà aiutare a stabilire la sussistenza dei presupposti della responsabilità medica.

Ti esporresti al rischio di non poter contestare una condotta che si sarebbe potuta denunciare o attivare un’azione legale che si rileverebbe inefficace o dispendiosa.

Decisamente più sicuro, in proposito, è richiedere una consulenza professionale, quantomeno scritta, che spieghi le reali ragioni o meno della responsabilità in capo al sanitario per quanto ti è accaduto.

Avendo letto questo articolo, sono certo che adesso hai i giusti elementi per decidere se, e come avvalerti di una simile consulenza professionale.

A tale riguardo, ti invito a consultare questa pagina per sapere come noi dello Studio Legale Forestieri lavoriamo e possiamo assisterti per predisporre le prove per l’ottenimento del risarcimento in un’ipotesi di errore medico o malasanità come la tua.

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