Vaccino: quando è obbligatorio?

Il dibattito sulle vaccinazioni e sui potenziali rischi ad esse connessi vede contrapposti due schieramenti in tema di vaccino obbligatorio: quelli che sono favorevoli da un lato e quelli che sono contrari alle vaccinazioni, dall’altro.

Sia pure è difficile rimanere estranei al dibattito, specie considerando il clamore mediatico degli ultimi mesi, con questo articolo non si vuole tanto prendere posizione sulle tematiche scientifiche o politiche sottese a tale dibattito, ma si vuole fornire una breve panoramica del quadro normativo in tema di obbligatorietà del vaccino, con specifico riferiemento alla vaccinazione anti Covid e alla sua possibile obbligatorietà sui luoghi di lavoro.

Vaccino obbligatorio: cosa prevede il nostro ordinamento?

Fatta questa brevissima premessa, vediamo subito cosa dice la legge in tema di vaccini.

Innanzitutto va chiarito che il vaccino è da considerarsi alla stregua di un trattamento sanitario e come tale è sottoposto alla regola fondamentale sancita nella nostra Carta Costituzionale, secondo cui all’art. 32 è espressamente stabilito che:

“Nessuno puo’ essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non puo’ in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Si tratta di un principio fondamentale del nostro ordinamento che si accompagan al rispetto della dignità umana e all’integrità fisica e psichica di ciascun individuo,

In linea generale, quindi è prevista la necessità del consenso libero e informato dell’interessato ai trattamenti sanitari che si spinge fino al diritto di rifiutare le terapie.

Tuttavia, lo stesso art. 32, della Costitruizone tutela la salute non solo come diritto fondamentale del singolo ma altresì come interesse della collettività e permette di imporre un trattamento sanitario se diretto «non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri» (così la Corte costituzionale, nella importante sentenza n. 5 del 2018).

Possiamo quindi dedurne che, solo il legislatore può prevedere  un obbligo vaccinale se necessario alla tutela della salute della collettività

Così in tema di Vaccino anti Covid, possiamo affermare che, oggi,  in assenza di una disposizione di legge,  il vaccino non è obbligatorio.

Di conseguenza è ben possibile rifiutarsi di sottoporsi alla sua somministrazione, sia pure senza dimenticare le conseguenze di cui si dirà nel paragrafo successivo.

In materia di vaccinazione anti-covid e di consenso alla vaccinazione, acquista particolare importanza la tematica del conseso al trattamento medesimo; al riguardo, ti segnalo la lettura di questo articolo: “Vaccino covid e consenso informato: cosa sapere?

Quando può essere reso obbligatorio un vaccino?

Fin qui, abbiamo quindi compreso che la Costituzione dispone che possono essere introdotti trattamenti sanitari obbligatori, ponendo un solo limite: quello di farlo per legge. In pratica, si richiede un intervento del Parlamento.

Tuttavia, bisogna rendersi conto che alla stregua del citato articolo 32 della Costituzione, la salute non è solo oggetto di un diritto individuale, inteso come diritto alla cura e diritto di non curarsi, ma anche un interesse della collettività.

Per questo motivo, la Corte Costituzionale ha precisato, in particolar modo, che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’articolo32 Costituzione se:

  1. il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;
  2. se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;
  3. se, nell’ipotesi un danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato (v. sentenze nn.258/1994 e 307/1990).

Al riguardo la Corte Costituzionale con sentenza n. 307 del 22.06.1990, ha precisato che “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’articolo 32 della Costituzione se il trattamento sia diretto a migliorare o a preservare lo Stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale”.

Ed ancora, con sentenza n. 218 del 02.06.1994, ha stabilito che la tutela della salute implica anche il “dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri”.

Pertanto, possiamo quindi concludere che, secondo il citato orientamento, gli obblighi di vaccinazioni obbligatorie possono essere considerati necessari in una società democratica.

Quali sono le vaccinazioni obbligatorie?

A seguito del recente intervento legislativo avvenuto nel 2017 con la “Legge Vaccini”, in Italia sono 10 i vaccini obbligatori secondo il Ministero della Salute e la loro somministrazione permette di  potersi iscrivere a scuola anti-poliomelitica;

  • anti-difterica;
  • anti-tetanica;
  • anti-epatite B;
  • anti-pertosse;
  • anti Haemophilusinfluenzae tipo B;
  • anti-morbillo;
  • anti-rosolia;

In sostanza i bambini e ragazzi fino ai sedici anni che frequentano le scuole devono effettuare tutte e dieci le vaccinazioni obbligatorie per essere ammessi all’interno delle diverse strutture

La legge ha stabilito anche le esenzioni all’obbligo di vaccinazione tra cui sono da ricomprendersi:

  • i bambini che hanno già contratto la malattia e sono quindi immuni,
  • i bambini che si trovano in specifiche condizioni cliniche attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra.

Cosa succede per chi non rispetta l’obbligo vaccinale?

In caso di inadempimento all’obbligo vaccinale sono previste sanzioni amministrative variabili da 100 a 500 euro.

vaccino obbligatorio Vaccino Anti-Covid: è obbligatorio per il lavoro?

Ad oggi, il vaccino Anti-Covid è su base volontaria, tuttavia, pur in assenza di una norma che renda obbligatoria la vaccinazione contro il Covid-19, ci si chiede se il datore di lavoro possa imporlo e, in caso di rifiuto, licenziare il lavoratore.

A tale riguardo, infatti, corre rilevare che l’articolo 2087 del Codice civile impone al datore di lavoro di adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro.

Per altro verso, l’articolo 20 del Testo Unico sulla sicurezza negli ambienti di lavoro (d. lgs. n. 81/2008) testualmente recita: “Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”.

La  comunità scientifica internazionale, inoltre,  è concorde circa la necessità urgente di combattere la pandemia da Covid-19 mediante la vaccinazione di massa.

Sulla base di ciò, il Datore di Lavoro ben potrebbe esigere dai dipendenti la vaccinazione contro il Covid-19 quando essa sia concretamente possibile e necessaria per salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavaoratori.

In relazione alle caratteristiche dell’organizzazione del lavoro nella propria azienda, infatti, qualora il Datore di Lavoro ravvisi nella vaccinazione contro il Covid-19 una misura utile per ridurre apprezzabilmente il rischio specifico di trasmissione dell’infezione a causa del contatto tra le persone in seno all’azienda, egli ha il potere/dovere contrattuale di adottare questa misura, consigliata dalla scienza e dall’esperienza, ed esigerne il rispetto da parte dei propri dipendenti.

Di conseguenza, il rifiuto di sottoporsi al vaccino da parte del lavoratore, fatto salvo il caso in cui sia comprovato da idonea giustificazione medica,  non sarebbe privo di conseguenze sul piano lavorativo, dal momento che con il suo rifiuto il lavoratore altro non farebbe che mettere a  rischio la sicurezza dei lavoratori e di chi accede ai luoghi di lavoro.

La renitenza del dipendente alla vaccinazione sarebbe, quindi, tratta allo stesso modo del rifiuto di una qualsiasi altra misura di sicurezza, che nei casi più gravi può portare al licenziamento disciplinare.

Si pensi, ad esempio, ad un ambiente di lavoro quale quello ospedaliero, in cui garantire la massima sicurezza è di fondamentale importanza; ebbene, non vi è chi non veda come in questi casi, il datore di lavoro possa valutare la sospensione del dipendente, se prevista dal contratto, o un cambio di mansione per inidoneità del dipendente che si rifiuti di sottoporsi al vaccino, per salvagurdare la sicurezza degli altri lavoratori e dei luoghi ospedalieri.

Al datore di lavoro spetterà, quindi, l’obbligo di inviare il lavoratore a visita medica dal medico competente, il quale, svolte le sue opportune valutazioni, dovrà stabilire se il prestatore è idoneo alla mansione.

In caso di inidoneità alla mansione, il datore di lavoro valuterà se può adibire il lavoratore ad altre mansioni, e in luoghi dove non può essere esposto al contagio; dove non percorribile l’opzione del telelavoro o di un’altra mansione, il rifiuto potrebbe legittimare il datore a porre il lavoratore in aspettativa non retribuita per impossibilità temporanea a rendere la prestazione in sicurezza.

Se la sospensione si prolunga in modo indefinito, tanto da provocare un danno non sostenibile, potremmo infatti ipotizzare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Il lavorate restio al vaccino dunque, a parere dello scrivente,  fin quando non sarà emanata una legge specifica, potrà continuare a non vaccinarsi, tuttavia dovrà fare i conti con i rapporti contrattuali di diritto del lavoro, con cui ha accettato la limitazione della propria libertà in attuazione del contratto stesso per la realizzazione di condizioni di sicurezza migliori per la salute di tutti i lavoratori.

In altre parole, se si chiede al lavoratore di vaccinarsi, perché il contratto gli impone di rispettare le direttive di sicurezza impartite dal lavoratore, purché rispondenti al requisito fondamentale della ragionevolezza, e questi si rifiuta, potrebbe essergli inibito l’accesso ad un ambiente di lavoro nel quale la sua presenza sia considerata di un maggiore rischio per la salute altrui.

Se hai bisogno di consulenza o assistenza legale per un caso di vaccinazione obbligatoria, o se ti sono state applicate sanzioni disciplinari che ritieni illegittime, per rifiuto alla vaccinazione Covid, siamo disponibili a valutare il tuo caso specifico.

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