Risarcimento danni per morte: quali sono i criteri per stabilire il risarcimento ai familiari?
Il risarcimento danni ai familiari per la morte del proprio caro è sempre un argomento delicato dal momento che la morte di un proprio congiunto innegabilmente fa soffrire e ci stravolge l’esistenza.
Perdere una persona cara per morte in ospedale è molto triste e doloroso, e ci porta improvvisamente ad affrontare la vita in modo diverso.
Se, poi la morte di un parente, che è già di per sé un evento funesto, avviene in ospedale, magari per un errore medico, la cosa ci fa ancora più soffrire, si diventa rancorosi e si finisce per provare anche molta rabbia per quello che è successo.
I ricordi della persona che non c’è più sono indelebili e riaffiorano in ogni momento della quotidianità, quella quotidianità che avevamo proprio con la persona cara che ci ha lasciato o se vogliamo ci hanno portato via.
Anche se probabilmente quella ferita rimarrà dentro di te, comprendo se a un certo punto “ti svegli” e decidi che vuoi ottenere giustizia.
Ti capisco se ora vuoi prendere in mano la situazione e richiedere i danni all’ospedale, non tanto perché il risarcimento potrà compensare la perdita del tuo caro, ma perché ti senti ferito dentro.
Ti chiedi, quindi, chi può chiedere il risarcimento in questi casi:
Il convivente può chiedere un risarcimento per la morte del compagno?
Il nipote o la nipote possono chiedere il risarcimento danni per la morte del nonno o dello zio?
Sono tutte domande che magari ti sarai posto e a cui voglio darti una risposta, il più possibile chiara, nel seguito di questo breve articolo.
Risarcimento danni ai familiari: chi ha diritto al risarcimento in caso di morte?
Normalmente si è portati a credere che il risarcimento danni ai familairi conseguente alla morte di un proprio caro sia riconosciuto solo agli eredi.
Ciò è vero, ma solo in parte e vediamo perché.
Senz’altro il risarcimento del danno spetta personalmente a coloro che la legge riconosce come “prossimi congiunti”, vale a dire:
- coniugi
- figli
- genitori
- fratelli
In particolare, il risarcimento danni ai familiari in caso di morte del fratello può essere richiesto dagli eredi legittimi o dagli aventi diritto del fratello deceduto. Gli eredi possono essere i genitori, i figli, il coniuge o i parenti prossimi del defunto, in base alla legge. La richiesta di risarcimento danni ai familiari deve essere fatta entro un certo periodo di tempo dalla data dell’evento lesivo e deve essere basata su prove solide e documenti giuridici, come certificati di morte, relazioni mediche e perizie tecniche
A ben vedere, il risarcimento danni ai familiari conseguente a un decesso di un proprio caro presso l’ospedale, non è riconosciuto solo agli eredi della vittima come figli il coniuge o i genitori:
Oggi il diritto al risarcimento danni per la morte di un proprio congiunto è esteso anche ad altri familiari o ai conviventi che non sono legati da un vincolo matrimoniale ma che tuttavia, nutrono un rapporto affettivo molto stabile e duraturo da poter essere paragonabile a quello di un vincolo matrimoniale.
Un esempio concreto del concetto di cui stiamo parlando potrebbe essere quello del partner di fatto. Se due persone vivono insieme da anni, ma non si sono sposate, nonostante abbiano creato un legame affettivo solido e duraturo, in caso di morte di uno dei due, il sopravvissuto non aveva, fino a qualche anno fa, il diritto al risarcimento danni per la perdita del proprio compagno/a. Oggi, invece, anche i partner di fatto hanno diritto al risarcimento danni in caso di morte del loro compagno/a, a patto che possano dimostrare la stabilità e la durata del rapporto.
Un altro esempio potrebbe essere quello della famiglia allargata. Spesso, infatti, in una famiglia allargata sono presenti non solo i figli, ma anche nonni, zii, cugini e parenti stretti, che possono essere stati profondamente colpiti dalla morte di un loro congiunto, anche se non si trattava di un figlio o di un fratello. Anche in questo caso, dunque, è giusto che questi familiari possano avere il diritto al risarcimento danni per la perdita di una persona a cui erano legati da un forte legame affettivo.
Infine, un ulteriore esempio potrebbe essere quello delle coppie omosessuali. Fino a qualche anno fa, infatti, i partner dello stesso sesso non avevano il diritto al risarcimento danni in caso di morte del proprio compagno/a. Oggi, invece, anche le coppie omosessuali possono fare valere questo diritto, a patto che abbiano dimostrato la stabilità e la durata del loro rapporto, così come farebbe una coppia sposata.
Sul punto però, bisogna fare una rpecisione importante: perché si configuri il diritto al risarcimento del danno, occorre un serio legame effettivo.
In altre parole occorre che tra te e la vittima ci sia stato un vero rapporto affettivo duraturo, la cui mancanza ha stravolto concretamente la tua esistenza.
La semplice convivenza non basta, questa è solo un indizio per qualificare lo stretto rapporto che si aveva con il parente deceduto.
Occorre provare ad esempio, le esperienze di vita che si avevano con la persona deceduta, un progetto di vita comune e, in particolare, se non uniti in matrimonio, un rapporto in tutto e per tutto uguale a quello matrimoniale, e non quindi un semplice rapporto occasionale.
In questa ottica, quindi, ciascun familiare superstite, anche se non convivente può richiedere il risarcimento purché dimostri fondamentali e radicali cambiamenti nello stile di vita alla base di una relazione forte (per coabitazione, esperienze di vita etc….) che aveva con la persona deceduta.
Proprio per queste ragioni, è stato riconosciuto dai giudici, ad esempio, il risarcimento in favore dei nipoti per la morte dei nonni con essi non conviventi, e al coniuge anche legalmente separato, in ragione della pregressa esistenza del rapporto affettivo
Addirittura tale diritto è stato riconosciuto alla fidanzata non convivente, legata ad un soggetto da un rapporto duraturo e da significativa comunanza di vita e affetti.
Per richiedere un risarcimento del danno per la morte di una persona cara ciò che rileva, in realtà, non è solamente il vincolo di sangue, bensì la consistenza e la profondità della relazione, indipendentemente dalla sola convivenza con quella persona.
Risarcimento agli eredi per il danno da morte in caso di errore medico
Il risarcimento agli eredi per il danno da morte in caso di errore medico è un tema molto delicato e controverso.
Quando si parla di errore medico, si fa riferimento ad un comportamento del medico che, durante la sua attività professionale, abbia causato un danno al paziente, ad esempio mediante una diagnosi errata o un intervento chirurgico mal riuscito. Quando questo danno causa la morte del paziente, i familiari del defunto possono, quindi, chiedere il risarcimento del danno subito.
Per ottenere il risarcimento danni, gli eredi devono dimostrare che la morte del paziente è stata causata dall’errore medico e che il medico o l’ospedale sono responsabili della morte. Inoltre, devono dimostrare il danno subito, come ad esempio i costi del funerale, le spese mediche, il sostentamento che il defunto forniva alla famiglia e il dolore morale subito dagli eredi.
Inoltre, per gli eredi, il risarcimento danni in caso di errore medico può essere richiesto anche se il paziente ha accettato di sottoporsi al trattamento o all’operazione che ha provocato la morte. Infatti, l’accettazione del trattamento non significa che il medico possa commettere errori grossolani o violare il dovere di cura nei confronti del paziente.
In altre parole, il fatto che il paziente abbia accettato il trattamento non significa che il medico possa agire in modo negligente o imprudente senza essere responsabile per le conseguenze del suo comportamento.
Il risarcimento danni per errore medico, oltre a fornire un giusto indennizzo agli eredi del paziente e a far assumere le responsabilità al medico o all’ospedale, può anche sensibilizzare il sistema sanitario sull’importanza di adottare pratiche sempre più sicure e prevenire gli errori medici. Questo può portare a un miglioramento complessivo della qualità della cura e dell’assistenza sanitaria, a vantaggio dei pazienti e delle loro famiglie..
Risarcimento agli eredi per il danno da morte: quali danni si possono richiedere?
In tema di risarcimento danni agli eredi in caso di morte, gli operatori del diritto fanno una prima distinzione, forse troppo tecnica per chi non è del mestiere, ossia quella tra danno iure hereditatis e danno proprio.
Il danno iure hereditatis, è quello originariamente prodotto in capo alla vittima poi trasmesso ai suoi eredi: potremmo dire per semplificare qualcosa che acquisto dalla persona che è venuta a mancare per eredità: il danno in pratica è quello subito dalla vittima e che, a seguito alla morte, si trasferisce agli eredi.
Ad esempio, si può quindi chiedere il pagamento del danno biologico consistente nei postumi invalidanti che il danneggiato ha avuto nel periodo di vita tra la lesione e l’avvenuto decesso.
Al riguardo, un tipo molto particolare di danno che viene in considerazione in questi casi è il c.d. danno tanatologico che consiste nelle sofferenze fisiche che ha patito il defunto prima di morire, ritenute meritevoli di tutela.
Ciò che rileva, per la risarcibilità di questa particolare voce di danno è che ci sia:
- coscienza e lucidità della vittima prima della morte
- percezione della realtà dei fatti
- consapevolezze della possibilità dell’evento morte
Si parla di danno iure proprio, invece, per definire quel danno (l’insieme dei pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali) direttamente patiti nella propria sfera personale a seguito della morte del congiunto; attiene, in pratica a tutti i pregiudizi che si sono verificati direttamente nella propria vita, di natura patrimoniale e non.
Facciamo alcuni esempi delle voci che compongono il risarcimento danni ai familiari:
- danno patrimoniale: sono tutte le utilità economiche di cui i prossimi congiunti beneficiavano e di cui, presumibilmente, avrebbero continuato a godere in futuro se il parente non fosse deceduto (es. lo stipendio percepito dalla vittima, il diritto agli alimenti spettante al congiunto etc.).
Può ricomprende tanto le voci di danno emergente quanto la voce di lucro cessante.
Il primo riguarda le spese sostenute come conseguenza del danno subito (es. spese per medicine, spese per specialisti privati etc.), il secondo è il guadagno che il deceduto otteneva dalla propria attività lavorativa e che si presume avrebbe potuto continuare a beneficiare anche in futuro.
- danno biologico: viene liquidato se il patimento causato dalla perdita del prossimo congiunto ha creato una lesione alla propria integrità psicofisica;i familiari di una persona lesa, a causa di una condotta medica erronea, infatti, possono patire uno stato di sofferenza soggettiva e un necessitato cambiamento peggiorativo della propria salute psichica; e tali pregiudizi devono essere risarciti anche quando l’invalidità del congiunto non sia totale.
- danno parentale: è il danno che viene riconosciuto per compensare il dolore e la mancanza patiti per la perdita della persona cara e del rapporto affettivo che vi legava; riguarda i peggioramenti che la perdita ha causato nella tua vita; cioè le conseguenze alla tua vita di relazione per forzosa rinuncia della persona cara.
Il danno parentale, può essere richiesto anche da chi non è erede, purché ci sia la dimostrazione di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita; In passato era necessario provare la convivenza con la vittima, ma attualmente ciò che rileva, è il legame affettivo tra vittima e familiare, che deve essere costante.
Proprio per tale motivo, come ti dicevo, si è aperto alla possibilità di risarcimento a favore ad es. di zii, nipoti e nonni.
Trattandosi di un danno di natura non patrimoniale è difficile quantificarlo in termini economici, tuttavia sono stati elaborati dei criteri che vengono presi in considerazione per procedere ad una quantificazione il più possibile attinente al caso.
Risarcimento danni ai familiari: anche i nipoti possono chiedere il risarcimento
Fa perte dell’esperienza comune che la figura del nonno rivesta nella società moderna un ruolo essenziale nel procedimento di crescita e di formazione del nipote, visto il suo insostituibile ausilio per i genitori, se non addirittura “sostitutivo” in alcuni casi verrebbe da dire, nell’espletamento delle normali incombenze domestiche e di vita familiare.
Se è certo che la convivenza è un elemento di certo idoneo a rafforzare quel legame, se non altro perché presuppone unamaggiore frequentazione e di conseguenza una presumibile maggiore assiduità del rapporto, è altrettanto innegabile che, anche in mancanza di convivenza, non può di certo escludersi che il rapporto nonno-nipote si elevi ad una dignità tale da meritare di essere congruamente indennizzato in caso di rottura ed effettiva lesione.
Sulla base di tali premesse la Suprema Corte ha direcente statuito che anche il nipote va risarcito per la perdita del nonno non convivente.
Secondo i Supremi giudici, infatti, per aver diritto a un risarcimento si richiede che tra i soggetti ci fossero rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà.
Tuttavia, la Corte di Cassazione spiega anche che per ottenere il risarcimento iure proprio del danno non patrimoniale, il nipote deve fornire la prova di un rapporto di reciproco affetto e solidarietà con la defunta “…e non di un rapporto eccedente la fisiologica intensità delle relazioni con la nonna o un rapporto di convivenza con la stessa che, al più, possono rilevare in sede di quantificazione del danno“.
Bisogna, quindi, suffragare con prove, l’assiduità del rapporto tra nonno e nipote, per la frequentazione quotidiana che li legava (che deve essere simile a quella tra un padre e un figlio), sfociata in un effettivo profondo rapporto tra i due soggetti.
I giudici di merito hanno fatto proprio questi principi e, per citare un esempio del Tribunale di Ancona, hanno confermato il seguente orientamento:
Gli appartenenti al nucleo parentale diversi dal coniuge e dai figli, in particolare i nonni, i nipoti, i generi e le nuore, hanno diritto di ottenere il ristoro per la perdita del proprio congiunto, anche se con questo non conviventi, purché dimostrino la “effettività e la consistenza della relazione parentale.
Risarcimento danni ai familiari: come si fa il calco del risarcimento?
I criteri da prendere in considerazione per la liquidazione dei danni non patrimoniali per la perdita di un congiunto sono:
- il rapporto di parentela con la vittima: più prossimo è il superstite e maggiore sarà il danno.
- l’età della vittima al momento del decesso: più giovane era il defunto e più alto sarà il danno calcolato.
- l’età del congiunto superstite: minore è l’età e maggiore sarà il danno.
- il rapporto: il danno sarà tanto maggiore quanto più costante è stata la frequentazione.
- la composizione del numero del nucleo familiare: più sono i congiunti dello stesso grado di parentela superstiti, tanto minore verrà considerato il danno patito.
Dunque, è necessario verificare tutte le circostanze esistenti nel caso concreto, al fine di essere sicuri della presenza dei presupposti che portano a maturare il diritto ad un risarcimento.
Trattandosi di materia molto complessa, e in continua evoluzione per le frequenti pronunce giurisprudenziali, è opportuno che un soggetto che si trovi coinvolto in una situazione come quella descritta in questo articolo, consulti un avvocato specializzato nel settore del risarcimento del danno e della responsabilità medica, al fine di comprendere se ci sono i presuppoosti per procedere e sia fondato la richiesta ad ottenere un risarcimento per la perdita del proprio familiare.
Per qualsiasi informazione aggiuntiva, per richieste o analisi di un caso specifico, non esitare a contattarci al utilizzando il link qui sotto.
E’ semplicissimo, basta compilare il modulo che trovi all’interno della pagina e specificare la tua richiesta.
Risarcimento ai familiari della vittima: prescrizione
Anche i termini di prescrizione del diritto al risarcimento (ossia il periodo di tempo trascorso il quale si perde tale diritto), in favore dei familiari di una vittima di malasanità, differiscono in base al fatto che tale diritto sia richiesto a titolo proprio o iure hereditatis secondo la distinzione fatta poc’anzi.
Per quanto riguarda il diritto al risarcimento dei familiari, vantato autonomamente iure proprio, direttamente subito a causa dell’illecito, come il pregiudizio per la perdita del congiunto che abbiamo chiamato danno da perdita parentale, il termine di prescrizione è di 5 anni.
Ciononostate, secondo quanto stabilito dall’articolo 2947 del codice civile, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per tale reato è previsto un termine di prescrizione più lungo, come per il caso di omidicio colposo, tale termine deve essere applicato anche all’azione civile.
Di conseseguenza, se il decesso del congiunto integra il reato di omicidio colposo, il termine di prescrizione da applicare anche alla causa civile è quello più lungo pari a 10 anni.
Viceversa, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito dalla vittima in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento iure hereditatis.
Da ricordare, infine, come da orientamento costante della Corte di Cassazione, i termini decorrono da quando tale danno viene percepito, con l’utilizzo dell’ordinaria diligenza, come un danno ingiusto causato dal comportamento di un terzo.
Risarcimento ai familiari della vittima: riflessioni conclusive
Permettimi di concludere con alcuni riflessioni finali.
Come abbiamo visto in questo articolo, essere “familiari” nel senso tradizionalmente inteso, non è decisivo per far sorgere il diritto al risarcimento dei danni: tieni presente che il risarcimento può essere richiesto da chi, magari, non ha nessun vincolo formale, in considerazione del significativo rapporto di frequentazione che esisteva con la vittima: pensa ad esempio al figlio di due coniugi separati che vive stabilmente con il compagno della madre, che muore per errore medico.
Tuttavia, ricorda sempre che non c’è un diritto automatico per il risarcimento del danno da perdita di una persona cara
Occorre, infatti, sempre verificare tutte le circostanze del caso concreto per essere sicuri della presenza dei presupposti esaminati in questo articolo.
A questo punto, se pensi che anche tu puoi richiedere il risarcimento per la morte di un tuo caro e hai bisogno di aiuto per quantificare esattamente i danni da richiedere ai soggetti responsabili, compila il modulo che trovi in questa pagina per richiedere un colloquio, senza impegno, di valutazione del caso.

Avv. Angelo Forestieri
Avvocato con focus sulla Responsabilità civile e il Risarcimento danni alla persona e autore di varie pubblicazioni nei principali portali giuridici sui temi della responsabilità medica e della struttura sanitaria.
Puoi contattare l'Avvocato attraverso il modulo della pagina "contatti" all'interno del Sito.
3 Commenti
I commenti sono chiusi.
Buongiorno,Il fatto:un medico di base che nel 1993 per negligenza fa morire un paziente dopo 48 ore la visita medica.Quanto tempo ho io, come parente, per chiedere i danni da lucro cessante.visto che il paziente aveva 24 anni lavorava e aveva comprato una casa da due anni.
Provo
GENTILE AVVOCATO,
desidero un informazione, sperando di essere esaudita.
signor avvocato,
15 anni fa, per la morte di mio figlio Christian, di incidente stradale, Avendo fatta la richiesta di risarcimento per 5 persone, Alla grande sposata, Non gli venne accettata…Come mai?
Ricevettino qualcosa solo io, mio marito, e le 2,figlie minorenne.
Ma 1, la sposata che non viveva sotto lo stesso tetto con noi e il fratello(deceduto).
Per questo motivo, che non coabitava con il fratello(deceduto,)
L’ avvocato mio,(Che non faccio il nome) mi disse che a mia figlia sposata,( Sorella di mio figlio) non gli spettava nulla…..
Solo a mio marito e le 2 figli minorenne, ricevettemo qualcosa.
.
Per non fare restare delusa mia figlia sposata , gli demmo qualcosa noi, Anche se non eravamo obbligati di dargliele. , ma per pieta’ e per acquetarla, gli demmo qualcosa.
Ora, siccome l’ avvocato, ( che non faccio il nome), Non mi mando’ mai la quetanza che alla figlia sposata spettava 0000€, mi resto’ il sospetto che se li intasco’ lui.
Caro avvocato, questo e’ possibile che si intasco lui il risarcimento di mia figlia?
O e’ vero che una sorella che non conviveva col fratello (che mori’) , NON LE SPETTA NULLA?
Puo’ chiarirmi? GRAZIE.